Alte Specialità Riabilitative? Importanti, ma vanno inserite in una rete di servizi per garantire la continuità di presa in carico

Guido MB News Simfer

La recente sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato il decreto ministeriale 70 del 2015, nella parte in cui fissa il numero di posti letto per la neuro-riabilitazione, ha avuto un’importante risonanza mediatica. Al di là del tema specifico, ha portato alla ribalta i temi della rilevanza dell’assistenza riabilitativa, dell’organizzazione delle reti dei servizi riabilitativi a livello nazionale e regionale e della necessità di azioni programmatorie organiche, non settoriali e di lungo respiro, volte al miglior soddisfacimento dei bisogni degli assistiti e delle loro famiglie in tutte le fasi del percorso riabilitativo.

La riabilitazione è un settore di rilevanza crescente in ambito sanitario, come riconosciuto anche dall’OMS, che la definisce una “priorità del 21° secolo” per i sistemi sanitari di tutto il mondo. È dimostrato che favorire il recupero delle persone con disabilità, transitoria o permanente, comporta non solo benefici in termini di salute ma anche  risparmio di risorse per il sistema sanitario e di welfare, riducendo la necessità di assistenza nel lungo periodo.

Nel nostro paese, il DM 70/2015 definisce indicatori numerici precisi relativi al numero complessivo di posti letto per l’area della postacuzie, che include la riabilitazione (0,7/1000 abitanti, di cui almeno lo 0,2/1000 per la lungodegenza). Definisce inoltre lo standard oggetto della recente sentenza del Consiglio di Stato per i posti letto di neuroriabilitazione (identificati con il codice 75) nella misura dello 0,02/1000. Per un altro settore di cruciale importanza nella rete dei servizi riabilitativi, quello della degenza di riabilitazione intensiva, identificato con il codice 56, il DM non indica parametri numerici, che vengono invece affidati alla programmazione regionale.

La conseguenza paradossale di questa situazione è che parte della programmazione dell’offerta riabilitativa in regime di ricovero si basa su indici definiti a livello nazionale, mentre per un’altra parte si dovrebbe fondare su normative regionali, peraltro finora ispirate a criteri diversi e a volte neppure esplicitamente definiti. Infatti, la dotazione di posti letto cod. 56 nelle diverse regioni è sensibilmente disomogenea (da un minimo di 0,23 a un massimo di 0,75/1000 abitanti).

Il problema è ancor più rilevante se si pensa che la struttura portante nell’offerta di degenza a livello nazionale è rappresentata proprio dalle strutture riabilitative intensive cod. 56. I posti letto di riabilitazione intensiva cod. 56, distribuiti capillarmente a livello nazionale, sono quasi otto volte più numerosi dei posti letto di alta specialità riabilitativa. Nel 2017 sono stati effettuati 310.000 ricoveri nelle strutture cod. 56, a fronte di circa 20.000 nelle strutture cod. 75 e circa 4.500 nelle Unità Spinali (cod. 28). Dei circa 8 milioni di giornate di degenza erogate in strutture intensive cod. 56, la maggior percentuale, quasi 3 milioni, riguardavano interventi riabilitativi intensivi per persone con disabilità di origine neurologica (affette da ictus cerebrale, sclerosi multipla, morbo di Parkinson, ed altre condizioni). Altre quote rilevanti riguardano le disabilità di origine muscolo scheletrica e caridiorespiratoria.

È evidente la necessità di porre più attenzione a questo settore della degenza riabilitativa, qualificandone e valorizzandone ulteriormente le attività. È necessario sviluppare finalmente criteri condivisi sulla quantità dei posti letto cod. 56, e sulle modalità di monitoraggio e valutazione delle loro attività, pur tenendo conto delle peculiarità regionali e locali, in modo da assicurare un livello di prestazione relativamente omogeneo e confrontabile, a tutela dell’equità di accesso e fruizione delle cure. Queste strutture infatti sono deputate a dare risposta qualificata ad un ampio spettro di condizioni disabilitanti, di diversa origine, comprese le situazioni “di complessità clinico-assistenziale per comorbilità da patologie concomitanti e interagenti con la prognosi riabilitativa” (Piano di Indirizzo per la Riabilitazione, 2011), che sono di sempre più frequente riscontro.

Le strutture di alta specialità riabilitativa hanno anch’esse una funzione essenziale nella presa in carico riabilitativa per condizioni disabilitanti gravi e specifiche, ma non possono svolgere appieno il loro ruolo se non inserite in una rete complessiva di servizi che consenta anche l’accesso tempestivo e appropriato agli altri setting di cura e livelli assistenziali, in particolare a livello territoriale.

È necessario quindi definire indicatori quantitativi condivisi su tutte le tipologie di servizi, su cui basare la programmazione e per perseguire l’integrazione fra le diverse componenti appartenenti sia al pubblico sia al privato accreditato, con pari dignità, in particolare per far fronte alle condizioni disabilitanti di lunga durata.

Una criticità importante, e più volte sottolineata dalla SIMFER, riguarda l’inadeguatezza dei flussi informativi a livello nazionale in relazione alla codifica, monitoraggio e valorizzazione dell’assistenza riabilitativa.

Per quanto riguarda in particolare la degenza, è noto che il flusso SDO, basato sulle codifiche ICD, non è adeguato a descrivere compiutamente gli aspetti rilevanti del paziente (stato funzionale, complessità, multimorbidità), né del processo di cura e dei suoi esiti. Inoltre, l’estrema disomogeneità nelle modalità di codifica rende poco affidabili l’analisi delle attività ed i confronti fra diverse strutture e realtà regionali. Ancora più problematica è la situazione dei flussi informativi a livello ambulatoriale e territoriale e delle strutture intermedie, a cui peraltro la programmazione sta cercando di porre rimedio. Inoltre, non esistono al momento sistemi efficaci per valutare l’aspetto della continuità delle cure, essenziale in riabilitazione.

Per dare un contributo costruttivo nell’affrontare queste criticità, la SIMFER ha da tempo sviluppato diverse proposte, in parte basate su esperienze positive a livello locale; ne riportiamo alcune:

1) Riguardo alle modalità di codifica da inserire nei flussi informativi ordinari per la Degenza Riabilitativa, si ritiene necessario nell’immediato definire almeno un set minimo di criteri di codifica omogenei e validi a livello nazionale, per arrivare ad inserire nella SDO indicatori funzionali, nella prospettiva di arrivare a una SDO riabilitativa (SDO-R) veramente in grado di descrivere, monitorare e valorizzare in modo adeguato gli aspetti rilevanti dell’assistenza, ed ispirata a modelli diversi dall’ICD, come la classificazione ICF. L’interesse e la disponibilità recentemente manifestate dal programmatore nazionale verso lo sviluppo della SDO-R confermano la validità della proposta, su cui ovviamente la SIMFER è disponibile ad offrire il proprio contributo tecnico-professionale.

2) Un altro aspetto che la SIMFER ritiene importante per garantire continuità e tempestività ai percorsi riabilitativi) riguarda l’esplicitazione formalizzata (che dovrebbe divenire un adempimento di tutte le Aziende Sanitarie) delle caratteristiche dell’offerta locale, in termini di strutture riabilitative (ospedaliere e territoriali) ma anche e soprattutto in termini di collegamenti funzionali fra di esse e di percorsi terapeutici definiti al suo interno. Tale assetto della rete di servizi, coerentemente integrata nel quadro di un’organizzazione tipo dipartimentale, è già presente in diverse esperienze locali. È un elemento essenziale per una reale integrazione fra offerta pubblica ed accreditata, e per superare logiche di tipo competitivo che generano inefficienze a danno di chi fruisce dei servizi Diversi orientamenti programmatori nazionali e regionali sono coerenti con tale visione sistemica dei servizi in molti settori sanitari, ed  è auspicabile  che anche l’assistenza riabilitativa rientri concretamente in questa  prospettiva.

3) Altro elemento importante, a garanzia della continuità di cura e della tempestività di accesso all’assistenza riabilitativa, è l’effettiva attuazione di quanto disposto dall’art 44 del DPCM 12 gennaio 17, in tema di definizione dei percorsi riabilitativi e di sviluppo del Progetto Riabilitativo Individuale attraverso competenze specialistiche. In questo ambito lo specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa ed il team riabilitativo giocano un ruolo cruciale. La SIMFER sta elaborando proposte di modelli operativi per dare concreta attuazione a questo aspetto, adattabili alle diverse situazioni locali dell’offerta.

4) Come ultimo punto, ma non meno importante, La SIMFER sostiene la necessità di una migliore valorizzazione della casistica più complessa accolta nelle strutture di degenza cod. 56. è vero infatti che le situazioni a maggior fabbisogno riabilitativo ed assistenziale, di sempre più frequente riscontro, non sono adeguatamente valorizzate in termini tariffari in questo setting.

La SIMFER auspica che questi temi, e più in generale le problematiche dell’assistenza riabilitativa, vengano tenute in debito conto in sede di definizione ed attuazione del nuovo Patto per la Salute 2019-21.

Pietro Fiore

Presidente Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa

 

articolo su Quotidiano Sanità