A Torino rivoluzionario intervento restituisce a tetraplegico l’uso delle mani. Petrozzino: «Fondamentale l’interdisciplinarietà»
I media hanno dato grande risalto alla notizia: giovedì scorso, all’ospedale Cto di Torino, per la prima volta in Italia è stato eseguito un intervento chirurgico che potrà restituire la funzionalità delle mani a un paziente tetraplegico vittima di un serio incidente stradale.
Come riportato dal La Stampa di Torino, «i chirurghi sono ricorsi ad una nuova tecnica che ha permesso di recuperare la funzione delle mani bypassando il livello della lesione al midollo spinale. Come? Trasferendo e ricollegando nervo a nervo, quasi si trattasse di fili elettrici, così da ripristinare il circuito». Una sfida “complessa”, da vincere grazie all’alleanza di molte discipline, in primis la chirurgia e la medicina fisica e riabilitativa.
A rende possibile tutto questo un lavoro di equipe che ha coinvolto l’Ortopedia e Traumatologia 2 ad indirizzo Chirurgia della Mano del Cto diretta dal dottor Bruno Battiston, la Neurochirurgia universitaria diretta dal professor Diego Garbossa, il Dipartimento di Ortopedia – Traumatologia e Riabilitazione diretta dal professor Giuseppe Massazza e la Struttura dell’Unità Spinale Unipolare del dottor Salvatore Petrozzino, allocata proprio all’interno del dipartimento diretto dal professor Massazza, direttore anche della scuola di specializzazione in medicina fisica e riabilitativa.
«Questo intervento – spiega a Simfer il dottor Salvatore Petrozzino – è certamente frutto dell’unipolarità della Città della Salute, Presidio CTO: l’interdisciplinarietà è un valore aggiunto perché i pazienti sono accompagnati da un team che fornisce loro non solo indicazioni chirurgiche, ma li guida in un percorso fatto di opzioni terapeutiche in una presa in carico globale».
Il paziente, operato a sei mesi dall’incidente, è stato così sottoposto ad un intervento della durata di sette ore e ora dovrà affrontare una lunga convalescenza, fatta di settimane di immobilizzazione per consentire la stabilizzazione degli innesti ai nervi. «Nella logica della presa in carico – spiega Petrozzino – i chirurghi intervengono, ma sia nella fase precedente che in quella successiva il paziente è inserito in un contesto riabilitativo: è questo il senso reale della nostra disciplina, a cui possiamo dare un valore».
Un grande gioco di squadra che coinvolge in prima istanza la neurochirurgia, la microchirurgia ricostruttiva e la medicina fisica e riabilitativa, ma che si basa anche su professionisti quali infermieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali e psicologi. «È la solidità del team che ci permette di affrontare sfide complesse come queste. Da soli non si va da nessuna parte».